MySpace a caccia di rinnovo per sopravvivere a Facebook

barbarani myspace
Nonostante le parole ottimiste di Francesco Barbarani, manager di MySpace Italia, l’era di MySpace volge al tramonto. Il successo di questo social network, un tempo re incontrastato del panorama italiano ed americano, era a parer mio un mero frutto di serendipità. 

Nato come mezzo di promozione musicale, ha usato questo trampolino di lancio per diffondersi presso i giovani e creare un vero e proprio “regno del terrore” durato circa tre anni, in cui milioni di ragazzi creavano profili dalla grafica atroce e si appiccicavano grafiche glitterate sulla zona commenti delle rispettive pagine. Non è colpa esclusiva degli utenti se i profili di MySpace sono brutti: è proprio la piattaforma a masticare e risputare l’HTML sano martoriandolo ignobilmente.
 
Poi è arrivato Facebook. In mezzo ad atroci urla indignate di fronte al “furto della privacy” causato dal desiderio di questo social network di far usare nomi veri e non nick pieni di k e y, il mastodonte creato da Zuckerberg ha invaso la nostra cultura, diventando fenomeno di costume. Niente più maldestri template e glitter: Facebook è uguale per tutti, essenziale e semplice, e sebbene sia partito nelle mani dei giovani adulti, ora la fascia d’età che cresce di più in tutto il mondo sono gli over-40.
 
Nessuna sorpresa. Rinnovi-interfaccia insondabili a parte, Facebook è uno strumento migliore per comunicare rispetto a MySpace. Per lungo tempo l’ho pigliato per un elenco del telefono virtuale che faceva risparmiare i soldi degli SMS, ma tra status update, messaggi privati e commenti è indubbiamente diventato qualcosa di più e qualcosa di meglio.
 
E MySpace? MySpace è sempre lì. Può contare su milioni di utenti, ma se vuole sopravvivere, come fa giustamente intendere Barbarani, deve tornare alle origini. Non più social network multiuso onnipresente, ma mezzo di promozione personalizzato rivolto alle band. Facebook per quello non funziona: è chiuso ed insulare (i dati utenti sono irraggiungibili e non si può modificare molto delle pagine pubbliche), mentre MySpace è aperto a tutti, e immensamente customizzabile per le proprie necessità.
 
E qui sicuramente MySpace ha una carta in più: monetizza, e monetizza bene. Una battaglia vinta di fronte ad una guerra persa? Facebook si espande ma ancora non è chiaro quale sarà il suo modello commerciale definitivo. Conosciamo bene invece le tattiche di MySpace: Ad ovunque, dietro ogni angolo, appena sotto la soglia dell’irritazione, ottimi filtri per i contenuti. Un buon lavoro di pubblicità, insomma, che è valso un ricavo di un miliardo di dollari nel 2008. Ora, l’importante è mantenere al loro posto gli utenti. Un deserto virtuale smetterebbe di essere redditizio.

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