Mi attirerò subito le antipatie degli integralisti della Rete libera, ma credo che questo caso, il processo e le conclusioni siano tra le più equilibrate viste in giro negli ultimi mesi (premi fantastici per chi riesce a leggere fino all’ultimo rigo;). È incredibile come, a causa di un vuoto legislativo (che a volte diventa un baratro), della fortuna, della nazione, dell’umore del giudice, del tempo, una sentenza sul peer to peer possa raggiungere degli opposti tanto distanti quali il carcere e migliaia di euro di multa o la totale assoluzione.
Nel primo caso si getta in galera della gente che molto probabilmente non ha mai torto un capello a nessuno nella vita, che ha un lavoro, paga le tasse, ha una famiglia, che non ha nessuna velleità di arricchirsi con il mercato della musica illegale, che di pirateria ne sa quanto mia nonna, che usa la Rete come strumento per documentarsi e ascoltare un po’ di musica nelle cuffiette. Il reato di certo esiste, ma visto all’interno di questo contesto e con gli occhi di coloro che conoscono i meccanismi di Internet, [i milioni di utenti (noi, il popolo, la nazione) che satellitano intorno a questo media lontano mille leghe da chi fa le leggi (vedi Levi e Urbani)], si tratta davvero di un’inezia, una minuzia. Va punita con uno scappellotto e senza fare nemmeno troppo rumore. In un’ottica globale, allargando la prospettiva e indossando lenti diverse, certamente il furto della marmellata diventa il furto di un camion di marmellata. Ma un uomo di giustizia, con una coscienza e del buon senso, non può prendere la prima mamma di colore single e con figli di passaggio e rovinarle la vita per quello che sarà anche un reato, ma trattasi sempre di reato popolare e come detto in precedenza, anche uno dei meno eclatanti ed efferati che la società postmoderna abbia partorito se non uno dei più innocui per la comunità intera dei cittadini. E quando una cosa la fanno tutti evidentemente è la legge che deve adeguarsi al popolo e non viceversa inasprirsi fino a diventare un capestro e una punizione sproporzionata al misfatto. Questo non significa nemmeno che chi vuole far soldi con la propria musica e dai propri film non debba essere tutelato. Certamente il diritto deve tener conto di entrambe le parti chiamate in causa anche se la vita di una persona distrutta da un mp3 mi pare pesi troppo sul piatto della bilancia e sia veramente ridicolo pensare anche lontanamente che un reato del genere possa portare al carcere o all’indebitamento a vita. Parliamo della scelta di milioni di persone. È come prendere una nazione e gettarla in carcere. Un diritto che invece di tutelare la gente la affossa. Una legge che diviene strumento in mano a chi ha già un grosso potere economico o nei migliori dei casi semplicemente fine a se stessa. Per non parlare di quante corbellerie di contorno vengono servite sul mondo del peer to peer, dove si aggirano personaggi della peggior specie (il cugino, lo zio, il fratello e la sorella), dove i pedofili vengono fuori dallo schermo per rapire in bambini e portarli dritti all’inferno. Chiacchiere sul sentito dire, su fumo e tanto di cappello all’ignoranza. Nel frattempo i ladroni, quelli veri, i criminali, quelli veri, gli assassini, quelli veri, continuano imperterriti e indisturbati nei loro affari ai piani alti del potere, dove girano i soldi, quelli veri, e non gli mp3.
Il fatto.
“Un giovane di Sydney e’ stato condannato a una multa pari a 600 euro per avere filmato The Simpson’s Movie diffondendolo in rete. Jose Duarte, di 23 anni, si e’ dichiarato colpevole di aver distribuito materiale protetto da diritti d’autore. La polizia era intervenuta in seguito alla denuncia dei Fox Studios in Usa, che avevano monitorato i siti web in tutto il mondo. L’uomo ha filmato illegalmente il film con un cellulare il primo giorno di proiezione e l’ha caricato in internet.”
Nonostante parta dal presupposto che la musica sia assimilabile per diversi fattori all’aria che respiriamo e fondamentalmente non dovrebbe essere pagata, o meglio dovrebbe essere incentivata dallo stato come faceva una volta il mecenate e diffusa capillarmente in tutte le sue sfumature grazie a dei fondi specifici o modellando delle flat in accordo con i provider di connettività a banda larga che compensino in modo dignitoso gli artisti, ciononostante ribadisco, la pena di cui sopra sembra paradossalmente la cosa più sensata vista in questi ultimi mesi.
Jose Duarte ha agito con un po’ di leggerezza, non è stato un santo e deve pagare una multa. Non ingolfa i tribunali, paga e va liberamente a casa: la sua vita non è sconvolta. La sua coscienza è pulita e ha probabilmente imparato la lezione anche se continuerà a pensare (e non senza ragione) che i dvd e i cd costino troppo e che se il P2P non ci fosse stato ora non avremmo la possibilità di scaricare musica da iTunes e non avremmo i DRM free.
Ci sto: se reo di dowload illegale voglio anch’io pagare la multa. Ovviamente che sia proporzionata al costo reale di un brano che è meno di 1 euro e che nel caso fossero anche un centinaio significherebbe meno di 100 Euro. Poi ci aggiungi una sanzione che raddoppia la cifra e siamo già a quota 200 euro. Io la pago e la ripago, ma non fatelo più, ripeto, non permettetevi più di punire una persona, una singola persona presa dal mucchio di coloro che non hanno i soldi per un avvocato, chiunque essa sia, per una cartella condivisa, indebitandola per migliaia di euro scaturiti per chissà quale matematica alchemica da ogni singolo file condiviso, non ricattate la povera gente con telefonate e raccomandate minatorie, non prendetevela con i più deboli, donne e ragazzini, perché noi popolo della Rete siamo brava gente, e tra questa gente c’è ancora qualcuno che proprio qui, attraverso i forum, i blog, le chat, mantiene vivi alcuni valori e diritti irrinunciabili dell’uomo prima ancora che dell’Italiano. Ma come tutti i buoni attenti a non farci arrabbiare.
Un mio amico ha avuto una multa simile (circa 600 euro) per aver gettato il sacchetto della spazzatura fuori dall’orario consentito. Fino a qualche anno fa ho abitato in un paesello dove troneggiavano ben 5 autovelox dislocati come si farebbe come per un’imboscata, inutili spillasoldi che finanziavano i comuni. Un giorno mi hanno multato qualcosa come 200 euro perchè arrivato in una città ho parcheggiato in una strada dove proprio quel giorno dalle 16 alle 18 facevano la pulizia della strada. Ma la macchina non l’hanno spostata ci hanno messo le ganasce e quel pezzettino di strada è rimasto comunque sporco. Io nel frattempo però ho capito che quel pezzettino di strada sporco (di polvere, di cosa?)e pulito settimanalmente (sicuramente più frequentemente dei cassetti dell’immondizia napoletani) vale quanto una rata del mutuo (al quale ho da tempo rinunciato) e da qualche parte mi è sorto il sospetto che quei soldi mi siano stati legalmente rubati. Abbiamo davvero e pericolosamente perso di vista ciò che è importante e ciò che non lo è. Le amministrazioni pubbliche sono da una parte, la gente da tutt’altra. Il sacchetto della spazzatura vale metà del mio stipendio e la mia vita qualche dozzina di mp3. Se non riesci ad arrivare a fine mese chi se ne frega: noi dobbiamo pulire le strade!
Le multe, le tasse, le compagnie telefoniche, le spa, le organizzazioni no profit, i partiti: tutti vogliono soldi. Ma i soldi come il lavoro pare non ci siano più.
La magistratura è temibile quasi quanto la classe politica e credo sia un incubo comprensibile e condivisibile la possibilità un giorno, per ognuno di noi, di essere giudicati da gente che affibbia delle pene sconnesse, smisurate, che violano qualsiasi logica e fanno a botte con il buon senso. Sono solo uno strumento potrà dire qualcuno. Bisogna attenersi alle leggi qualcun altro. Io fossi un giudice mi dimetterei per coerenza con i miei principi e con quelli della Costituzione o in alternativa mi aggiornerei sul diritto informatico e su come Internet funziona per essere in grado di giudicare (senza dimenticare un bell’aggiornamento per Parlamento e Governo, rispettivamente chi fa le leggi e chi le fa eseguire). Leggevo poco tempo fa su un quotidiano inglese che un giudice che seguiva una causa riguardante la Rete ha ammesso di non sapere cosa fosse Internet e voleva che qualcuno glielo spiegasse (!).
Alla fine l’unica cosa che si chiede è connaturata alla stessa economia liberale, ovvero che il prezzo scaturisca da un equilibrio tra la domanda e l’offerta. I consumatori si sono ribellati alle oligarchie e chiedono un brano e non un cd intero con 20 canzoni inutili, un supporto che non ci serve, una pubblicità che non vogliamo pagare, una copertina che non ci piace e una confezione di plastica che non sappiamo dove mettere. Finchè non finiranno i monopoli, i gruppi di potere, le oligarchie saremo costretti a vedere scempi e ammende smisurate come quelle che solo un popolo senza coscienza e chi fa gli interessi dei monarchi di turno può tollerare.
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