Proprio mentre in Italia iniziano a fiorire episodi pseudogiuridici al limite dell’assurdo come il caso Peppermint, in America la RIAA (l’associazione delle major discografiche americane) ha deciso di gettare la spugna su una delle cause che più l’avevano resa ridicola e antipatica di fronte all’opinione pubblica. La protagonista, Tanya Andersen, è stata citata in giudizio nel 2005 per aver, così dice la RIAA, scaricato della musica Gangsta-Rap su Kazaa sotto il nickname “gotenkito”.
Ora, la signora Tanya Andersen (nella foto) è una ragazza madre, è disabile ed è pure bianca caucasica: non proprio un’appartenente al gruppo demografico dei fan del Rap di strada. Questo non ha impedito alla RIAA di perseguire la causa in modo tenace e cocciuto, ignorando le ricadute sull’immagine che ne sono derivate. Le indagini poi non hanno fatto altro che peggiorare la situazione dell’associazione delle major discografiche: non sono risultate prove di alcun genere a carico di Tanya, tant’è vero che il suo disco rigido era prevedibilmente del tutto privo di musica da “fratelli del ghetto”.
E’ stata quindi una decisione sensata (ma un po’ troppo ritardata) quella odierna: rinunciare alla causa… ma purtroppo per la RIAA la cosa non finisce qui: Tanya Andersen ha deciso di citarli per estorsione, frode e pratiche commerciali ingannevoli (e altro ancora). Più o meno lo stesso tipo di reati, insomma, di cui può essere accusata la Peppermint.