Piuttosto aggressiva l’ultima dichiarazione di Greenpeace, che aveva già bacchettato Steve Jobs lo scorso maggio, quando aveva preteso senza mezzi termine che la Apple cambiasse atteggiamento, iniziando a badare alle questioni ecologiche e bandendo i componenti inquinanti e difficili da riciclare dai propri prodotti. Jobs aveva risposto “Apple è avanti ai propri concorrenti nel campo dell’ecologia, e se non lo è adesso lo sarà presto”. Chiaramente il caro Steve non intendeva riferirsi all’astro nascente iPhone, che purtroppo, una volta esaminato, si è rivelato un ricettacolo di sostanze tossiche.
Greenpeace ha reclutato un laboratorio indipendente in Inghilterra per portare a termine dei test sui componenti dello smartphone più desiderato del momento, e una volta disassemblato si è scoperto più di qualche lato oscuro.
Tanto per iniziare la batteria è curiosamente incollata e saldata al corpo principale, cosa che di certo non facilita il ricambio e quindi potenzialmente accorcia di parecchio la vita del telefono. In secondo luogo questa scelta progettuale allunga i tempi della separazione dei componenti ai fini del riciclaggio, facendo lievitare i costi e il lavoro.
Piuttosto spiacevoli anche le sostanze pericolose che si annidano fra i componenti elettronici:
Greenpeace fa notare come i concorrenti Nokia e Ericsson stiano già commercializzando da tempo delle versioni “verdi” dei loro prodotti, e auspica che il prossimo modello di iPhone possa vantare caratteristiche altrettanto nobili. Dal canto suo Greenpeace ha trovato il bersaglio ideale per le sue polemiche, vista la fama meritata o meno di “radical-chiccheria“ che circonda il tipico utente Apple.
Il documento diffuso da Greenpeace, che potete scaricare in PDF da qui: