Google Earth crea scandalo in Giappone

Villaggio Eta
In qualsiasi altro paese del mondo l’idea di pubblicare delle mappe storiche di alcune aree di elevato interesse culturale sarebbe stato applaudito come un’iniziativa di grande valore. Trattare i paesi stranieri come se fossero “il cortile di casa” è una caratteristica tipica degli americani, un approccio che in Giappone ha sempre creato grossi problemi. 

Per questo bisogna sempre camminare con i piedi di piombo all’estero, anche se si fa qualcosa di apparentemente innocuo come aggiungere a Google Earth una serie di cartine secolari: purtroppo ciascuna di esse segnalava con precisione certosina, confrontabile con i dati dei satelliti, la posizione di un gran numero di enclave di Eta, gli intoccabili della cultura nipponica.
 
A dire il vero il termine “Eta” non è più utilizzabile dalle persone educate in Giappone. Al giorno d’oggi si preferisce Burakumin, che non è considerato un insulto, ma il senso è sempre quello: si tratta dei discendenti di una casta di persone che si occupava dei mestieri ritenuti impuri dagli altri giapponesi, come il becchino, il macellaio e il conciatore. Tutt’ora le aziende e le famiglie compiono ricerche genealogiche per essere sicure di non accogliere come dipendente o coniuge un Burakumin, nonostante siano passati secoli dall’abolizione di questi ruoli sociali.
 
Questa spiegazione era necessaria per descrivere il ginepraio in cui Google si è cacciato: quelle mappe, pur legali e svincolate da diritti, permettono di ritrovare le comunità Burakumin sul territorio, e chiunque abiti in quelle zone (ormai quartieri fagocitati dalle metropoli) diventa automaticamente un sospetto. I Burakumin, come spesso accade alle minoranze, sono diventati un forte gruppo di pressione che combatte contro una società che tende a rimuovere i problemi e non a risolverli. Vi assicuro che hanno una voce molto forte: i loro portavoce hanno subito aggredito Google e il suo comportamento, dal loro punto di vista ritenuto scriteriato.
 
Google ha cercato immediatamente di evitare ulteriori problemi, e ha cancellato le aree segnalate come “Eta” da Google Earth, ma la cosa ha peggiorato ulteriormente la situazione. Infatti i Burakumin hanno risposto che in questa maniera si fa sparire la storia, e le sofferenze di quelle persone oppresse.
 
Il problema qui è di lana caprina. L’unica maniera con la quale Google avrebbe potuto salvarsi era di fornire spiegazioni di carattere storico alle mappe, cosa che forse è ancora in tempo per fare. C’è comunque da dire che la compagnia californiana in Giappone non è poi molto popolare: Street View sull’isola nipponica è davvero odiato, e le associazioni pro-copyright di questo paese sono tra le più “avvelenate” del mondo quando si tratta di video caricati su YouTube.

Categorie Senza categoria

I commenti sono chiusi.

Impostazioni privacy