La pratica del file sharing o P2P è legale se è senza scopi di lucro e per uso personale. La condivisione di files multimediali tramite torrent o altri software P2P è ormai diffusissima in tutto il mondo, e anche i governi europei stanno iniziando a farci i conti. Le ultime novità arrivano dal Portogallo, dove il Procuratore Generale ha sancito che il file sharing è legale se è fatto non a scopo di lucro e ha rispedito al mittente le accuse della ACAPOR (Associação do Comércio Audiovisual, Obras Culturais e de Entretenimento de Portugal), equivalente della SIAE italiana.
La ACAPOR, aveva portato all’ufficio del Procuratore Generale del Portogallo diversi scatoloni di fogli contenenti circa 2000 indirizzi IP di “pirati digitali”. Le persone dietro a questi indirizzi IP, secondo l’ente, erano colpevoli di aver scaricato e condiviso in Rete materiale coperto da copyright e quindi di aver violato le leggi in difesa del diritto d’autore. Come segno di protesta, l’ACAPOR ha appunto presentato al tribunale 2000 indirizzi IP, corrispondenti a 2000 denunce:
“Faremo tutto ciò che potremo per attirare l’attenzione del governo sulla situazione molto seria in cui si trova l’industria dell’intrattenimento, 2.000 denunce dovrebbermo essere abbastanza per mettere in difficoltà il sistema giudiziario”.
Dopo che il materiale è stato analizzato e vagliato dal Dipartimento di Indagini e Azioni Penali, il Procuratore ha preso una storica decisione, quella di non procedere e ha sottolineato “Dal punto di vista giuridico, pur tenendo conto del fatto che gli utenti agiscono sia da uploader che downloader nelle reti file-sharing, la condotta è lecita, anche se continuano a condividere una volta che lo scaricamento è completato“. Il P2P è dunque legale se fatto senza scopo di lucro e solo per uso personale, la libertà d’espressione, il diritto all’educazione e alla cultura vengono prima della difesa a tutti i costi del copyright.
“non è necessariamente l’utente che lo sta usando nel momento in cui avviene l’infrazione, o l’utente che rende disponibile l’opera coperta dal diritto d’autore, ma è soltanto l’individuo che ha un servizio registrato a proprio nome, indipendentemente dal fatto che questa persona lo stia usando oppure no”
Inoltre, una normativa europea sancisce che gli indirizzi IP non possano essere usati per azioni legali, in quanto non identificano inequivocabilmente una determinata persona. Non è chiaro se il Portogallo abbia voluto dare una svolta alla propria politica nei confronti del download di contenuti digitali (come già da tempo ha fatto la Svizzera), o se il Procuratore abbia semplicemente voluto evitare di denunciare e ascoltare 2000 persone. Resta comunque il fatto che, questa volta, l’industria del copyright ha perso la battaglia. Nel frattempo, Google continua nella sua battaglia censurando i siti torrent nei suoi risultati di ricerca.