The Daily chiude, addio al primo quotidiano online

News Corp CEO Rupert Murdoch arrives to unveil News Cooperation's new iPad news publication "The Daily" in New York
Uno come Rupert Murdoch ha sempre guardato lontano, e quando ha lanciato The Daily, primo quotidiano online il mondo ha pensato che la rete era abbastanza matura da potersi permettere la nascita e la sopravvivenza di un giornale “virtuale”. Nasceva cosi nel Febbraio 2011 The Daily, fratello minore del Wall Street Journal e New York Post, primo quotidiano a nascere per essere esclusivamente fornito in formato digitale con tanto di applicazione per iPad, vero motivo propulsore della nascita di questo progetto; a distanza di quasi due anni The Daily ha dichiarato la chiusura, che dovrebbe avvenire il 15 Dicembre prossimo.

Le valutazioni da fare a fronte di questo abbandono sono molteplici, in primis il progetto originale contava una redazione di 120 giornalisti e puntava su un numero di abbonati intorno alle 800 mila unità a livello mondiale. Il magnate australiano dell’editoria è sicuramente un personaggio dalla lunghe vedute, sicuramente su carta, il web funziona in altri modi e sebbene il modello di business che trasla l’acquirente del quotidiano in edicola nell’abbonato al giornale online di base sia un assioma che regge, la realtà è ben diversa. La rete è circolazione libera di informazioni, la mente dell’utilizzatore medio che potenzialmente è un acquirente del giornale in edicola si aspetta che l’informazione sul web arrivi e basta, senza doverla pagare.
 
Stando alle stime, la scommessa su The Daily sarebbe costata alla News Corp circa 30 milioni di dollari, un pò troppi di fronte ai soli 100 mila abbonati (poco più) in tutto il Mondo; si è calcolato che sarebbero stati necessari almeno mezzo milione di sottoscrittori per mandare avanti decentemente il progetto nonostante la netta diminuzione dei giornalisti in redazione. Se un investimento di questa portata non è riuscito nell’intento di far sopravvivere un prodotto che sicuramente era apprezzabile allora le domande da farsi sono molte e su tutte spicca quella sulla capacità degli utenti della rete di offrire garanzia a prodotti professionali e di qualità.
 
Colpa dei social network? Forse, è evidente che una informazione fa il giro del mondo su Twitter prima che qualcuno riesca a scrivere un post degno di questo nome, se poi il prodotto è approfondito, corredato di immagini e video, allora si rischia di perdere la “freschezza” estrema di una notizia, la domanda che gli utenti si potrebbero porre è se la qualità di un prodotto vale la velocità di fruizione e se, caso limite ovviamente, sia davvero così necessario pagare un abbonamento ad un prodotto web/mobile per accedere a informazioni tranquillamente reperibili in vari modi. Sta di fatto che quanto approntato da Murdoch non è stato vincente, si attende il prossimo progetto.

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