La britannica EMI Records, che tralaltro è recentemente passata di mano, ha deciso di tagliare i fondi alle associazioni discografiche come la famigerata RIAA e l’IFPI. Questi organi internazionali, infatti, hanno investito milioni e milioni di dollari nel dare la caccia ai pirati attraverso costosissime cause legali, talvolta decisamente poco popolari dove non controproducenti, ma non sono assolutamente riuscite nè a recuperare le perdite nè a disincentivare il pubblico dall’infrangere i diritti d’autore.
Se stiamo ad ascoltare le stime delle agenzie di stampa, ciascuna delle quattro grandi case discografiche versa a queste associazioni di categoria una cifra che supera i 130 milioni di dollari annui. In questa lotta a suon di denunce (30.000 nei soli Stati Uniti), le sconfitte sono state decisamente molte, e le pene esemplari poche e decisamente inefficienti, e le perdite sono in continuo aumento.
Quella che un tempo era un’industria tanto fiorente da essere addirittura gonfia di ricchezze ora è in grossa crisi. Il collasso non sembra fermarsi neanche di fronte al grande successo della vendita di brani online, la nuova moda degli ultimi anni. Diciamolo francamente, l’industria discografica è vecchia, non si sa adattare, e non è in grado di costringere i suoi ex clienti a fare alcunchè, solo a uccidere quel po’ di solidarietà verso gli artisti che ancora resta loro in corpo. Evidentemente i nuovi padroni di EMI si sono resi conto dell’insensatezza del sentiero finora percorso, e hanno deciso che l’idea di buttare via soldi in una lotta che si è rivelata completamente vana è un’idea stupida. Forse, davanti a noi potremmo avere un futuro meno paranoico e repressivo.
Oppure, chissà, magari quel denaro lo regaleranno direttamente alla Francia 😀
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