Per quanto al giorno d’oggi il livello tecnologico raggiunto dalla nostra società sia davvero elevatissimo, di sicuro la “macchina” più avanzata ed efficiente che ci sia è una, e non è prodotta in fabbrica: il nostro corpo; pensate al fatto che nessun computer si avvicina alla capacità di immagazzinamento di informazioni e di elaborazione del nostro cervello, come anche nessun sensore CMOS, anche quello della macchina fotografica digitale più costosa, riesce a reggere il confronto con l’occhio umano. Il segreto? La semplicità. In realtà il corpo umano è molto complesso, ma “al punto giusto”: niente di più complicato di quanto debba essere. E allora perchè non prendere spunto da esso? Un futuro in cui ci siano macchine digitali di dimensioni ridottissime, ma comunque ad alta risoluzione o la possibilità di incrementare o addirittura riprisitinare la capacità visiva potrebbero non essere più argomento della letteratura di fantascienza :).
L’efficienza dell’occhio umano è da ricondurre principalmente a due semplici caratteristiche: esso fa affidamento su una superficie curva e si muove di continuo descrivendo tanti minuscoli movimenti angolari; l’elemento chiave è proprio la curvatura, infatti generalmente una singola lente con superficie sferica lavora meglio se proietta l’immagine su una superfice sferica. Purtroppo la maggioranza dei sensori è piatta, per cui si hanno effetti di distorsione al di fuori del centro dell’immagine; a tali l’attuale soluzione adottata dai produttori è un sistema di lenti che appiattisce l’immagine, rendendo il dispositivo di grosse dimensioni e dal peso non irrilevante.
Che si dia inizio alla produzione di sensori sferici dunque? La cosa non è così semplice visto che l’intera industria dei semiconduttori vorrebbe mantenere il tutto il più “piatto” possibile; ma come al solito l’uomo è nelle difficoltà che mostra il suo valore: un team combinato di scienziati della “University of Illinois at Urbana-Champaign” e della “Northwestern University” è riuscito a sfruttare i normali processi produttivi per ottenere un sensore “flat” da depositare successivamente su una superficie sferica.
Si è così ottenuto un sensore da 256 pixel, con cui si hanno immagini abbastanza “quadrettate”; tuttavia i ricercatori hanno dimostrato che senza aumentare il numero di pixel è possibile incrementare notevolmente la risoluzione: basta sfruttare la seconda caratteristica fondamentale di cui vi ho accennato: i diversi movimenti angolari che avvengono ad una frequenza di diverse volte al secondo. Grazie a tali movimenti il cervello è in grado di comporre le diverse immagini che gli arrivano a formarne una con una risoluzione ben più elevata.
Insomma per quanto certe volte ci possa sembrare imperfetto, credo che se continueremo a “prendere spunto” dal nostro corpo, in futuro potremo ottenere grandissimi risultati :).
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