Un anno fa il collega rammit parlava della persecuzione nei confronti di Tanya Andersen da parte della RIAA (Recording Industry Association of America), persecuzione che poi è andata configurandosi come una farsa: la donna, accusata dall’associazione americana di produttori discografici di pirateria, era del tutto innocente e la RIAA aveva fatto una ridicola marcia indietro nella speranza di “cavarsela” con niente.
Ma non è stato così.
La signora Andersen ha pensato bene di citare l’associazione che ora, su disposizione del giudice federale che si è occupato del caso, deve pagare ben 108000 dollari per rifondere i danni.
La sentenza è stata resa pubblica mercoledì scorso e adesso sale a due il numero di volte in cui la RIAA ha “preso un granchio” e ha dovuto “sborsare” delle cifre non proprio da nulla (o forse si, in confronto ai guadagni).
Tanya Andersen aveva chiesto 300000 dollari e ne ha ottenuti 108000, mentre secondo l’associazione 30000 erano più che sufficienti.
Fine della storia o solo del “primo tempo”?