Un indirizzo IP, acronimo di Internet Protocol, permette a ciascuno di noi di navigare su Internet.
Come si può facilmente intuire lo scambio di informazioni tra due pc avviene solo se i due terminali sono in grado di “vedersi”.
Pe rendere possibile tutto ciò e necessario che ogni computer collegato alla rete abbia un indirizzo identificativo univoco che permetta la localizzazione dello stesso, tra tutti i pc connessi ad internet, in un determinato momento.
Ciò è alla base del funzionamento della nostra amata rete Internet.
In questi giorni è in atto una vera e propria diatriba informatica tra il Comitato per le libertà civili del Parlamento Europeo e Google (il solito studente monello che non rispetta proprio tutte le regole, ndr).
Al centro del dibattito vi è proprio l’indirizzo IP e ciò che questo in un certo senso rappresenta.
Cioè questo protocollo può essere considerato un dato personale!?
Ovviamente Google dalla sua, attraverso la figura di Alma Whitten, software engineer del motore di ricerca, dichiara:
Dire che gli indirizzi IP sono in ogni caso dei dati personali è un’affermazione che suggerisce in maniera non corretta che ogni indirizzo IP possa essere associato ad un determinato individuo
D’altro canto Mark Rotenberg, rappresentante di Electronic Privacy Information Center (EPIC) precisa giustamente, che
sapere l’indirizzo IP di qualcuno in un determinato momento consente di sbloccare l’accesso ad altre informazioni personali
Ovviamente questo discorso è riferito solo ad ISP e organi di polizia preposti, visto che un normale utente una volta venuto a conoscenza di un indirizzo IP non può violare la privacy di nessuno considerato che i dati personali collegati a quell’indirizzo dovrebbero essere custoditi in banche dati gestite direttamente dai diversi provider.
Purtroppo il condizionale è d’obbligo considerato che Matt Cutts, specialista Google del settore ha affermato che
Ancora tante persone ritengono che la privacy sia minata dai motori di ricerca invece che dagli ISP, anche se alcuni ISP vendono le sessioni online degli utenti a terze parti
In conclusione il discorso sembrerebbe alquanto delicato, alla luce delle dichiarazioni riportate in questo articolo, voi che ne pensate!?