Almir Narayamoga Suru (nella foto), 32 anni, capo della tribù dei Surui (non più di 1200 unità), ha preso coraggio e ha deciso di usare la tecnologia per difendere il suo popolo e la foresta Amazzonica dalle minacce della deforestazione. I suoi predecessori hanno tutti pagato con la vita l’opposizione ai taglialegna, ma Almir non si è fatto impaurire: uscito dalla sua capanna ha preso un aereo per la California ed è riuscito, contro ogni pronostico, a strappare un accordo nientemeno che a Google (d’altronde anch’io avrei firmato se mi fosse piombato in ufficio un indigeno con uno scalpo in mano:).
D’ora in poi, infatti, l’occhio satellitare di Google Earth punterà i suoi riflettori sul problema scattando foto concentrate nella zona e mantenendo il mondo intero aggiornato sullo scempio che tutti i giorni si perpetua in Amazzonia (un’iniziativa simile è in atto per il Darfur). In questo modo i Surui potranno anche mantenere sotto controllo il loro territorio che si estende su una superficie di 248 mila ettari, permettendo agli indigeni di prevenire eventuali disboscamenti abusivi o illegali.
Nel frattempo sembra che dopo questo successo siano stati offerti fino a 100.000 dollari per la testa dell’impavido capotribù
“Non sono Chico Mendes”, ha detto il giovane Almir, ricordando l’attivista ucciso in Amazzonia nel 1988. “Non voglio essere un eroe. Sono impaurito, ma questo non mi fermerà dal tornare a casa per battermi per ciò in cui credo“.
È proprio vero: bisogna tornare allo stato primitivo per trovare uomini d’altri tempi.. 😉