L’ FBI (Federal Bureau of Investigation) ha “ammesso” di aver infranto le sue stesse regole, controllando diverse comunicazioni che avvenivano su internet, in particolare raccogliendo informazioni “ficcando il naso” nella posta elettronica e tracciando l’attività sul web dei navigatori ritenuti particolarmente interessanti.
Robert Mueller, direttore dell’ FBI, scarica parte della responsabilità sulle compagnie di telecomunicazioni, “colpevoli” di aver fornito all’ente federale troppe informazioni; ma forse esse non fanno che rispettare quello che è il maggior colpevole della violazione della privacy dei cittadini americani: il PATRIOT Act.
Come ben sappiamo questa legge è stata approvata in seguito ai sanguinosi attentati svoltisi l’11 settembre 2001 con lo scopo di ridurre il pericolo di atti terroristici negli USA; nonostante questo fine sia perfettamente comprensibile, diverse persone ritengono che i mezzi utilizzati per perseguirlo calpestino diversi punti cardine che permettono di definire una società come una “società civile”.
E gli americani ai loro diritti ci tengono: Patrick Leahy, Senate Judiciary chairman, dice che “chiunque vuole fermare i terroristi. Ma gli americani credono nel loro diritto alla privacy e vogliono che questa sia protetta”.
Leahy ha poi aggiunto che è da marzo 2007 che l’FBI ha rivisto il suo modo di operare ed è da quella data che dovrebbe agire in maniera legale.
Sarà vero?
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