Amo questi neologismi della medicina che riescono a giustificare qualsiasi follia umana. Sei sicuro che sia sufficiente pigiare un pulsante sulla tower per innescare un processo di autodistruzione del PC? Tranquillo: è tecnofobia. Hai infilzato la tua scheda madre con un colpo di balestra? Chiaro sintomo di Computer Rage. Il Tecnostress ingloba un po’ tutte questo sintomatologie ed è, molto in generale, un disturbo del comportamento causato dall’incapacità di adattarsi alle nuove tecnologie (soprattutto informatiche).
Il termine fu coniato nel 1984 da Craig Brod, mentre in Italia la parola è entrata a far parte degli onori della cronaca durante la fine del 2006, quando il procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello, ha avviato le indagini per verificare se il Tecnostress possa essere riconosciuto come una nuova malattia professionale.
Del disturbo soffrirebbero ben il 38% degli Italiani, ma solo nei casi più gravi si parla Tecnofobia. I sintomi di quest’ultima sono: palpitazioni, ansia, mani sudate, mal di testa, insonnia, rifiuto dei rapporti interpersonali e del sesso opposto (perché guardate tutti me?:). La conseguenza estrema del Tecnostress è la Computer Rage che provoca attacchi violenti sulle periferiche del computer. I più presi di mira sarebbero: le tastiere sbattute sul tavolo (37%), i mouse scaraventati contro il muro (31%), stampanti e scanner presi a schiaffi (13%). Secondo un sondaggio commissionato dalla Compaq, inoltre, 3 persone su 4 reagiscono ad un guasto con perdita di dati prendendo a parolacce il computer, mentre 1 individuo su 4 lo prende a pugni (io solitamente tento il suicidio:). A Washington nel 1997 si è assistito anche al primo computicidio quando un impiegato ha scaricato 4 pallottole sull’Hard Disk del suo PC e sul monitor.
Ora spaccate pure uno scanner sulla testa del vostro capo e mettetevi in malattia.. 😉
Vi lascio con un piccolo video-esempio di tecnostress ed un cortometraggio davvero bellino chiamato appunto “Technostress” realizzato da Aaron Bollinger and Kevin Bertolini. Lo so, lo so, 10 minuti in inglese sono tanti, ma nessuno vi obbliga.. 😉