Un’immagine dei piani di ristrutturazione del quartier generale di Google.
Potremmo assistere alla fine di un grande sogno, quello di Google come azienda perfetta che “non può fare del male” nè agli utenti nè agli impiegati. Infatti pare che i venti di crisi inizino a farsi sentire anche a Mountain View, e che il clima di produttività rilassata stia lasciando spazio a tensione, malumori e soprattutto licenziamenti.
Le voci hanno iniziato a spargersi su Twitter, come ormai quasi sempre accade per gli scoop di Silicon Valley. A partire dal primo messaggio breve pubblicato dal solito beneinformato, una pioggia di domande e testimonianze ha iniziato a circolare febbrilmente sulla Grande Rete. Si sapeva che Google avesse ridotto i contratti con collaboratori esterni, ma tutto il lavoro che prima era in outsourcing ora è ricaduto sulle spalle dei software engineer domestici della grande corporation. Si dice che alcuni di loro, impegnati su progetti critici, lavorino anche 18 ore al giorno, e da settimane. Alcuni, se non l’hanno già fatto, sarebbero intenzionati a dare le dimissioni per la troppa pressione, e per lo shock di essere passati da un ambiente rilassato ad un incubo di superlavoro e di minacce di licenziamento.
Infatti, come se non bastasse, i team di programmatori sono stati assottigliati: veri e propri licenziamenti in tronco privi di motivazioni che non siano la vera e propria carenza di risorse economiche. Alcuni di coloro ai quali è stata mostrata la porta hanno alle spalle 5 anni di anzianità, e il loro lavoro era vitale ed importante per l’azienda. E, per la cronaca, neanche le liquidazioni sono questo gran che… Chiaramente, questo non fa altro che aumentare la pressione sulle spalle dei sopravvissuti.
Le voci dicono che il 5% dei programmatori potrebbe essere licenziata, e su 6000 dipendenti con questa qualifica qui parliamo di 300 posti di lavoro in meno. E’ evidente che la tattica del super lavoro e dei licenziamenti apparentemente casuali è un metodo molto sbrigativo per convincere in breve tempo i meno dedicati a presentare una lettera di dimissioni senza dover costringere l’azienda a dover scegliere di sua iniziativa le teste da tagliare.
Quello che resterà sarà un Google più magro e apparentemente più razionale, ma sicuramente i tempi delle idee geniali e delle crescite vertiginose saranno molto meno facili da ricreare in un’azienda con un volto simile.