Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori a riguardo dei videogiochi. Si è detto che servono per sfogare le proprie frustrazioni, che desensibilizzano, che trasformano in Satanisti, persino che sono strumenti del Pentagono per addestrare soldati senza volto e senza sentimenti. La maggior parte di chi gioca è piuttosto concorde nel definire i videogame una piacevole perdita di tempo e una scusa per non dover ascoltare la morosa. A quanto pare la rivista Emotion, emanazione dell’American Psychological Association ha un’altra tesi, ancora più contraddittoria dell’insieme di quelle appena esposte: nei videogame stiamo meglio quando ci facciamo ammazzare.
Di solito nella scienza il grosso problema non è raccogliere dati, bensì interpretarli. Quindi non vi offro conclusioni, ma solo i risultati ottenuti da questo interessante studio, compiuto su un gruppo di studenti universitari finlandesi, “costretti” a giocare a 007: Nightfire e Super Monkey Ball 2 , con la promessa di avere in cambio biglietti gratuiti per il cinema.
Detto tra noi, ah, i giovani d’oggi… Se si spera che si “offrano in sacrificio” per la scienza si casca male!
Una volta esaminati i risultati dell’esperimento, condotto attraverso il monitoraggio della pelle, dei muscoli facciali e mediante un successivo test di personalità adatto a rivelare tendenze psicotiche, le sorprese sono state grosse.
A quanto pare i ragazzi, mentre erano impegnati a giocare al violento gioco ispirato a James Bond, provavano tristezza o rabbia quando vincevano (cioè quando uccidevano gli avversari), e invece un grosso senso di sollievo immediatamente dopo essere stati ammazzati. Secondo gli studiosi dipende forse dal nostro naturale “senso di pericolo”, che a quanto pare è attivato persino dai videogame: si prova sollievo con la “morte”, solo perchè con essa termina anche la preoccupazione di dover sempre stare a prevedere la direzione della prossima minaccia, incombente anche una volta neutralizzato il nemico più immediato.
Super Monkey Ball 2, invece, un gioco privo di alcuno stimolo violento, aveva un effetto più prevedibile, generando sensazioni positive ad ogni successo (come sarebbe logico supporre).
Gli studiosi si sono detti molto affascinati da questi risvolti psicologici, e soprattutto dalla loro persistenza: non vi era nessuna “desensibilizzazione” anche durante un periodo videoludico significativamente più lungo.
A me, cosa forse un po’ buffa, vengono in mente i Samurai del medioevo giapponese, che sembravano ansiosi di abbracciare il trapasso come momento più rilassante della propria esistenza (tramonti e poesie sui rami di ciliegio escluse, ovvio).
I commenti sono chiusi.