Non è un mistero che, tra la moltitudine di servizi e applicazioni disponibili in rete o che comunque sfruttano la rete per funzionare, ci sia un diverso bisogno di banda e che applicazioni diverse richiedano quindi connessioni di prestazioni diverse. Servizi come il web o la posta elettronica hanno richieste di banda tutto sommato modeste, e non richiedono neanche una risposta istantanea, ma ci sono altri tipi di applicazione che sono molto fameliche di una delle due o anche entrambe.
A fine marzo, Telecom annunciò l’avvio di una sperimentazione, condotta in diverse città dell’intero territorio italiano, volta in teoria a migliorare il servizio offerto ai propri utenti e che consiste, in pratica, nella limitazione del traffico generato da applicazioni che richiedono molta banda, dando la precedenza invece a quelle che e richiedono una quantità minore e hanno bisogno di una comunicazione in tempo reale. La cosa, comprensibilmente, non è piaciuta agli utenti e all’Authority per le comunicazioni (Agcom), che ha chiesto chiarimenti.
I programmi di file sharing basati su comunicazione peer-to-peer richiedono molta banda, anche se non necessariamente è fondamentale una risposta immediata. Sistemi di comunicazione in tempo reale come le chat testuali o le comunicazioni VoIP richiedono una banda non elevatissima ma una risposta istantanea (per evitare fastidio ritardi nella comunicazione o, peggio ancora, buchi nella conversazione). Per questo Telecom, piuttosto che porre rimedio ai frequenti disservizi potenziando la propria infrastruttura, ha deciso di applicare queste politiche di assegnazione “intelligente” della banda, fin da aprile.
Apparentemente la cosa potrebbe avere senso ma, a pensarci, solleva alcuni dubbi. Prima di tutto, ci si chiede se sia lecito discriminare il traffico generato da determinate applicazioni rispetto a quello di altre e, in secondo luogo, ci si chiede se la privacy possa essere in qualche modo messa a rischio: per determinare il tipo di traffico in transito bisogna infatti monitorarlo, il che vuol dire, in qualche misura, controllare cosa fanno gli utenti.
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